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Principi di allevamento dei rettili

Introduzione

Delle più di diecimila specie di rettili descritte, solo un numero relativamente piccolo (si parla comunque di centinaia), viene regolarmente allevato in cattività o meglio in “ambiente controllato”; questi rettili vengono allevati e riprodotti come animali famigliari, in collezioni ed allevamenti amatoriali, in allevamenti commerciali, in parchi zoologici e strutture a vario indirizzo (commerciale, conservazione etc.), in circhi, in strutture di ricerca.
Quando si parla di animali da compagnia o pet in linea di massima si dovrebbero intendere specie con cui l’uomo stabilisce una relazione emozionale, affettiva; con alcune specie lo scambio emotivo può essere bilaterale con altre a senso unico.
La locuzione “da compagnia” può essere considerata eccessivamente utilitaristica e forse si potrebbe utilizzare la definizione di “animale famigliare”, nel senso che entra a far parte delle dinamiche, anche in senso affettivo del gruppo sociale “famiglia”; questo sicuramente è valido nei confronti di molti mammiferi e di alcuni taxa di uccelli come ad esempio pappagalli e corvidi, con i quali l’uomo può instaurare sicuramente un rapporto empatico, affettivo e comunicativo a doppio senso.
Lo scambio emozionale e comunicativo con i rettili è sicuramente più a senso unico dall’umano all’animale, sebbene molte specie stabiliscano vari gradi di interazioni, dal riconoscimento del proprietario e l’andargli incontro per ottenere cibo a rimanere a contatto senza accenni ad allontanarsi; alcune specie sembrano però in grado di relazionarsi in modo molto più complesso di quanto si ritenesse in passato nei confronti degli umani che li accudiscono (in particolare alcuni sauri), ma la definizione e la quantificazione di tali relazioni non è ancora sufficientemente indagata.
Quindi in linea di massima la definizione di “animale famigliare” per i rettili non dipende tanto dalla specie o dal gruppo tassonomico, quanto dal tipo di relazione che l’uomo stabilisce con il rettile che accudisce.
Tra chi alleva e gestisce rettili, escludendo l’allevamento vero e proprio a scopi commerciali più o meno professionale, semplificando troviamo fondamentalmente tre tipologie di persone, il “proprietario di rettile pet”, il “naturalista” e il “collezionista”.
Il “proprietario di rettili famigliari” può investire una discreta dose di affettività e quindi tratta il proprio rettile come vero e proprio animale da compagnia, spesso gli dà un nome, può interpretare in modo antropomorfo il suo comportamento e a volte non lo gestisce in modo consono alla sua biologia ed ecologia, pur garantendo i parametri ambientali corretti può prestare poca attenzione all’arricchimento ambientale, favorendo maggiormente l’igiene e la semplificazione della gestione domestica; il numero di specie gestite in questo modo è abbastanza limitato, ma è variato nel corso degli anni per vari motivi, legati alla moda, alla riproduzione in cattività di nuove specie, alla legislazione ed altro. Tipici esempi sono le testuggini mediterranee (T.hermanni, T.graeca e T.marginata), più recentemente la testuggine russa (T.(A.) horsfieldii), le Trachemys scripta e poche altre specie di  emididi e geoemididi (Pseudemys, concinna, P.nelsonii, Graptemys pseudogeographica kohni, Mauremys sinensis, M.reevesii ecc), qualche anno fa le iguane verdi (Iguana iguana) e i draghi d’acqua cinesi (Physignatus cocincinus), i tegu (Salvator merianae e S. rufescens) e quando si potevano detenere, i varani, in particolare il varano esantematico (Varanus exanthematicus), ancora, alcune specie di camaleonti come il camaleonte pantera (Furcifer pardalis) ed il camaleonte dello Yemen (Chamaeleo calyptratus), il geco leopardino (Eublepharis macularius), il geco ciliato (Correlophus ciliatus) ed il drago barbuto (Pogona vitticeps), il serpente del grano (Pantherophis guttatus), il boa (Boa imperator) ed il pitone reale (Python regius). Dal punto di vista dei problemi sanitari, spesso questi rientrano nella categoria dei “problemi gestionali” cioè caiusati da erronee tecniche di allevamento.
Il “naturalista”, solitamente alleva pochi esemplari di una o poche specie, cura particolarmente l’habitat e alleva in vivari naturalistici o bioattivi o in strutture all’esterno, in genere studia e si informa e quindi possiede da discrete a ottime conoscenze di biologia ed ecologia, il più delle volte non ha uno stretto rapporto affettivo con gli animali che alleva (ma non è la regola), comunque è molto attento al loro benessere; le specie allevate possono essere le più varie, dalle più comuni (C.ciliatus, Rieppeleon brevicaudatus, F.pardalis, C.calyptratus) a meno comuni o rare (Camaleonti “di montagna”, Rachodactylus leachianus, Corucia zebrata, Tribolonotus gracilis e T.novaeguineae, Abronia graminea, Shinisaurus crocodilurus, Lanthanothus borneensis, ecc.). Gli interventi veterinari possono essere di vario tipo, considerando che il più delle volte la gestione è corretta e le patologie gestionali non dovrebbero essere frequenti se non per i neofiti.
Il “collezionista” è in genere ad un passo dall’allevatore vero e proprio o può anche essere allevatore, può allevare e riprodurre una sola o poche specie, ed in questo caso in genere è un selezionatore di morph, locality o sottospecie oppure alleva svariate specie; spesso gli allevatori di tartarughe rientrano in questa categoria, per gli squamati fanno da padrone gli allevatori di gechi e pitoni reali, ma l’elenco delle specie possibili è lunghissimo. La conoscenza della biologia delle specie può essere buona o anche ottima, ma a volte non c’è particolare attenzione al benessere animale ed all’arricchimento ambientale e comportamentale, se non limitato alla sopravvivenza a lungo termine ed al successo riproduttivo; spesso si verificano situazioni critiche legate alla crescente volontà di avere più animali, specie e morph particolari, accompagnata dalla sottovalutazione dell’importanza delle misure di medicina preventiva e della disponibilità di spazio adeguata per la dimensione e il numero di animali. In questo caso probabilmente gli aspetti più importanti della gestione veterinaria sono nella medicina preventiva (prevenzione delle malattie trasmissibili, quarantena, test parassitologici e virologici ecc) e nella medicina riproduttiva (problemi di fertilità, patologie riproduttive, sessaggio endoscopico, valutazione ecografica dei cicli ecc).
I possessori di rettili pet per la maggior parte hanno ottenuto il loro animale comprandolo in negozio o mediante donazione, mentre gli altri sono generalmente frequentatori di fiere del settore sia nazionali che estere e ottengono i loro esemplari in fiera o tramite scambi ed acquisti tra appassionati.
Considerate le diverse finalità ed esigenze, il sistema di allevamento può variare considerevolmente per vari fattori come la tipologia ed il volume delle strutture, gli accessori ed il substrato, l’alimentazione.
Anche se diverse specie vengono riprodotte in cattività da molte generazioni, dal punto di vista fisiologico ed in gran parte comportamentale, dovrebbero essere considerati animali selvatici mantenuti in ambiente controllato, per i quali è necessario riprodurre molte delle caratteristiche fisiche e biologiche del loro habitat; il funzionamento corretto del loro organismo è strettamente legato all’ambiente in cui vivono in natura e in cui si sono evoluti.
 Dal punto di vista comportamentale, la riproduzione di alcune specie ha selezionato soggetti ben adattabili all’ambiente controllato, in alcuni casi estremamente confidenti con l’uomo e capaci di interazioni con il proprietario che in passato si ritenevano impossibili per un rettile; da una parte questo apre una porta sulle capacità cognitive di questi animali, dall’altra li espone al pericolo di una gestione eccessivamente “domestica” a scapito delle esigenze fisiologiche ed ambientali.
Per quanto riguarda le capacità senzienti di questi animali, mentre in passato il loro comportamento veniva sbrigativamente considerato poco più che meccanico ed esclusivamente istintuale, adducendo a questa ipotesi la mancanza del sistema limbico, studi sulla neuroanatomia e fisiologia e sul comportamento hanno evidenziato capacità senzienti sicuramente più complesse e diversificate di quanto si ritenesse in passato.
Alcune specie anche in natura sono predisposte ad adattarsi ad un’ampia varietà di habitat e variazioni ambientali, queste in genere sono quelle che meglio vivono in condizioni di cattività; altre invece necessitano della riproduzione più fedele possibile di fattori essenziali del loro habitat.
In ogni caso sia per le specie più adattabili che per quelle meno, maggiore è la differenza tra i valori dell’habitat artificiale e quello naturale e maggiore è la possibilità di causare uno stress cronico che può portare a stato di malattia, difficoltà riproduttive e morte.  In altre parole l’intensità dello stress è direttamente correlato alla differenza tra ambiente artificiale ed ambiente naturale intesi come somma delle necessità fisiche e sensoriali.
Perciò i punti chiave per garantire il benessere in questi animali stanno nel ridurre il più possibile i fattori stressanti che sono in parte validi per tutto il gruppo ed in parte peculiari per ogni singola specie.
Le tecniche di allevamento di rettili e anfibi hanno subito una notevole evoluzione negli ultimi decenni; sono disponibili riviste, libri ed una esuberante massa d’informazioni sul web, inoltre sono presenti sul mercato molte compagnie di produzione e distribuzione di prodotti per animali da terrario, dai terrari stessi ai sistemi di mantenimento dei parametri ambientali all’alimentazione.
Uno dei problemi maggiori in erpetocultura però, è che non esistono di fatto degli standard scientifici di allevamento; si sente parlare spesso di gestione adeguata o inadeguata, ma la maggior parte delle pratiche di gestione sono basate più sull’esperienza che su dati scientifici; le fonti di informazione sono rappresentate da erpetologi, allevatori professionisti, allevatori amatoriali, medici veterinari, libri, riviste, internet, gestori ed impiegati di negozi di animali, fonti che purtroppo possono essere discordi e creare confusione; sicuramente di più e di maggiore valore scientifico c’è riguardo la gestione di questi animali nelle strutture zoologiche, non tutti i dati si adattano all’erpetocultura amatoriale ma alcuni possono essere molto utili.
Quindi è essenziale, quando si ricercano informazioni su una determinata specie e sui vari fattori di allevamento, valutarne criticamente la fonte e cercare di capire se si basa su ricerche ed osservazioni eseguite con metodo scientifico, non necessariamente solo da professionisti della scienza ma anche da allevatori esperti che si occupano in modo razionale e serio di questi animali.
Oltre a questo, è essenziale documentarsi anche sulla bibliografia che si occupa della biologia in natura di questi animali e fare ricerche sulla ecologia, la climatologia e i parametri ambientali dell’area geografica di provenienza e del microhabitat e sulla nicchia ecologica di pertinenza della specie considerata.
Per quanto riguarda i prodotti, mancando spesso dati certi manca anche un controllo razionale sulla loro utilità e sicurezza, le ditte produttrici possono letteralmente dichiarare quasi tutto senza la necessità di provare quanto affermano; questo può risultare nella vendita di prodotti che possono essere inadatti o addirittura pericolosi; tra l’altro considerato l’elevato numero di specie disponibile, prodotti adeguati per una determinata specie possono non esserlo per un’altra.
Indipendentemente dalla tipologia di gestione i capisaldi nella gestione in cattività dei rettili sono gli stessi.
La riduzione degli stress e la corretta gestione ambientale ed alimentare sono alla base della medicina preventiva di questi animali, poiché questi fattori influiscono direttamente sullo stato immunitario e sul funzionamento generale dell’organismo.
L’ambiente controllato in cui vivranno questi animali comprende fattori sia fisici che biologici. I fattori fisici sono la struttura stessa (vivario, gabbia, recinto, laghetto ecc), il substrato, l’acqua (umidità ambientale, acqua da bere, acqua di stabulazione), la ventilazione, la temperatura, la luce. I fattori biologici comprendono i conviventi della stessa specie o di specie diverse (compreso l’uomo), che possono rappresentare fattori “sociali”, “competitivi” o “stressanti” a seconda della situazione; i predatori (sia in ambiente famigliare che nell’allevamento all’esterno); gli organismi patogeni (parassiti, batteri, virus, funghi); la biomassa in generale che interagisce in diversi modi (microorganismi ambientali, organismi simbiotici, detritivori ecc.).
Il modo in cui questi fattori agiscono sul rettile, varia a seconda del metodo di allevamento.

 

Metodi di allevamento

Si può dire sintetizzando, che l’allevamento degli animali da terrario viene praticato secondo due metodi, uno estrapolato dall’allevamento degli animali da laboratorio (LAM – Laboratory Animal Method o secondo la definizione di Philippe De Vosjoli , TEKLO (TEchnology of Keeping herps as Living Object)), che prevede l’utilizzo di strutture essenziali  e rack, e quello naturalistico, in cui viene prestata particolare  attenzione all’habitat e all’arricchimento ambientale, in quest’ultimo comprendiamo anche la gestione all’esterno.
Attualmente c’è una tendenza di una parte della terraristica ad allontanarsi dalla gestione semplificata per orientarsi sempre più verso l’allevamento in ambiente arricchito fino ad arrivare a sistemi bioattivi in cui si cerca di riprodurre un ecosistema pur semplificato, sia in vivario che in strutture all’esterno.
I vivari naturalistici sono in genere considerati più difficili da gestire rispetto a terrari in cui viene privilegiata la semplificazione gestionale soprattutto a fini igienici; in realtà ci sono evidenze che la gestione in sistemi arricchiti o bioattivi comporti notevoli vantaggi sia fisiologici che comportamentali e prevenga molti problemi legati alla gestione controllata.
In sintesi, in un sistema bioattivo si punta a ricreare in un ambiente semi-chiuso quello che avviene in un ecosistema naturale, cioè le interazioni che avvengono tra biotopo e biocenosi; il biotopo è l’insieme degli elementi fisici mentre la biocenosi quello degli elementi viventi; tutti gli organismi contenuti nel vivario interagiranno fra loro e con gli elementi fisici creando una rete trofica e di interazioni, comprendente un ciclo di riutilizzo della materia organica come avviene in natura.
Il processo principale che permette l’instaurarsi di questo equilibrio consiste nella degradazione della lettiera, cioè di tutto il materiale organico che si deposita sul suolo che verrà degradato e ridotto ad anidride carbonica e sostanze semplici che verranno utilizzate dalle piante rimettendo in circolo la materia (in particolare mediante il ciclo del carbonio e dell’azoto).
La gestione degli animali da terrario allevati con metodi semplificati richiede una serie di operazioni routinarie e di attenzioni per garantire la salubrità dell’ambiente artificiale in cui vivono; i principali punti critici, sono l’eliminazione dei rifiuti organici, la gestione del substrato, la gestione dei parametri ambientali (luce, temperatura, umidità relativa), la gestione delle piante ecc.
I rifiuti organici contengono sostanze potenzialmente tossiche che si accumulano (come i prodotti azotati e CO2) e batteri potenzialmente patogeni, questo obbliga a operazioni di pulizia e disinfezione più o meno frequenti e alla sostituzione periodica parziale o totale del substrato per ovviare a cattivi odori e problemi sanitari.
La scelta del tipo di substrato e la sua gestione sono da sempre un argomento dibattuto in terraristica, per quanto riguarda il migliore e più sicuro materiale da usare, il pericolo di ingestione, lo sviluppo di muffe e pesti, la frequenza necessaria di sostituzione ecc.
L’umidità ambientale se non è ben regolata può portare a disidratazione o a patologie favorite da un eccesso di umidità stagnante causate ad esempio da crescita eccessiva di batteri e miceti. 
Altri fattori critici comprendono la corretta illuminazione in senso qualitativo e quantitativo, la temperatura ambientale, la corretta ventilazione che influisce sulla ossigenazione, sulla distribuzione del calore, sull’eliminazione della CO2 (anidride carbonica) e della NH3 (ammoniaca) e sulla regolazione dell’umidità relativa.
Per ovviare a queste problematiche vengono consigliate alcune tecniche ed accortezze come l’allevamento in setup essenziali, la sterilizzazione del substrato o l’utilizzo al suo posto di carta o altro materiale, l’utilizzazione di piante finte, la sostituzione periodica di arredi e substrato, la pulizia e disinfezione periodica della teca e così via; tutto questo sicuramente facilita la gestione ma non sempre garantisce il benessere fisico e comportamentale della specie allevata.
Il mantenimento dei vertebrati (rettili e anfibi) in un sistema bioattivo sembra ottimizzare il funzionamento generale dell’organismo e permettere al sistema immunitario di essere più competente e flessibile.
Gli animali allevati non si sono evoluti in ambiente sterile, è vero che probabilmente il loro sistema immunitario in condizioni di cattività non è così competente come lo è in natura, ma l’allevamento in strutture semplici per facilitare la gestione igienica non è indirizzato a favorire il potenziamento delle difese organiche ma solamente a tenere lontani i patogeni.
Il sistema bioattivo permette inoltre una migliore regolazione dei parametri essenziali quali umidità, temperatura e illuminazione. Agendo sulla umidità ambientale e sulla distribuzione dello spettro elettromagnetico, permette lo svilupparsi di un corretto equilibrio tra i microorganismi dell’organismo e dell’ambiente e un controllo di quelli potenzialmente patogeni ed un migliore funzionamento di tutto l’organismo, in particolare permette all’animale di meglio termoregolare e di controllare meglio le perdite idriche (idroregolazione), per fare un esempio banale, è molto difficile che un rettile che vive in un sistema bioattivo ben gestito, sviluppi disecdisi o si disidrati.
A seconda della biocenosi utilizzata, favorisce la degradazione del materiale biologico prodotto fino alla processazione microscopica ad opera di protozoi, batteri e funghi che permette la trasformazione di sostanze tossiche impedendone l’accumulo, inibisce la crescita eccessiva di microorganismi patogeni e produce nutrienti per le piante e gli animali; questo tipo di gestione infatti, fornisce anche agli animali una serie di nutrienti in modo naturale che alle volte è difficile fornire o che vengono sottovalutati nella gestione alimentare classica.
Infine, ma non ultimo in termini di importanza, un ambiente arricchito favorisce il movimento ed il comportamento naturale che si traduce in indubbi vantaggi psicofisici, nel mantenimento di un buon tono muscolare, in una minore predisposizione all’obesità e a migliori performance riproduttive.
Per rendersi conto in modo intuitivo quanto vantaggioso può essere questo tipo di gestione, basti pensare a quanto è evidente il miglioramento della salute e del comportamento naturale che si osserva nei rettili allevati all’esterno piuttosto che in terrario all’interno.


Link a Sistemi Bioattivi (in preparazione)
 

Luce e calore

Il primo insieme di parametri ambientali da considerare nell’allevamento dei rettili in ambiente controllato è quello originato in natura dall’irradiazione elettromagnetica solare che arriva sulla superficie terrestre (spettro terrestre), in sintesi luce e calore.
Sicuramente, considerato che i rettili allevati sono animali ectotermici, il più importante fattore ambientale da considerare per la loro gestione in cattività è la temperatura; di questo fattore vanno considerati le diverse d’onda della radiazione infrarossa e il loro diverso effetto e assorbimento, le modalità di assorbimento, l’adattabilità alle variazioni di temperatura (stenotermia ed eutermia), i meccanismi termoregolatori fisiologici e comportamentali, gli intervalli di temperatura specifici, i gradienti termici, le variazioni circadiane e stagionali, il posizionamento ed il tipo di sistemi di riscaldamento e la misurazione della temperatura.
Anche le altre lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico terrestre, la cosiddetta luce visibile e non visibile, hanno un’estrema importanza nell’allevamento dei rettili sia per quanto riguarda la quantità, quindi il fotoperiodo e l’intensità luminosa che la qualità; in base appunto alla lunghezza d’onda ed all’effetto biologico distinguiamo le radiazioni ultraviolette A e B (UV-A e UV-B), la luce visibile e la radiazione fotosinteticamente attiva.
In natura tutte le lunghezze d’onda dello spettro terrestre formano gradienti, in un vivario dobbiamo creare gradienti di tutte le componenti della “luce solare artificiale” (visibile-UV-IR) appropriati alla specie ospitata. Gli animali devono sempre avere la possibilità di scegliere a che intensità di esposizione stare a seconda dei fabbisogni; questo obiettivo si ottiene con la scelta dei sistemi di lluminazione e temperature adatti ed il corretto posizionamento degli elementi del biotopo e delle piante.
Le temperature all’interno dei terrari devono sempre essere controllate con strumenti adatti quali termometri e termostati e la qualità e intensità della luce può essere controllata mediante fotometri.


Link a Luce e temperature nell’allevamento di rettili e anfibi (in preparazione)
 

Acqua e umidità ambientale

L’acqua è un elemento essenziale alla vita ed un importantissimo fattore ambientale; la regolazione degli input ed output idrici varia considerevolmente nelle varie specie e dell’habitat in cui vivono; bisognerà tenere conto di come viene fornita l’acqua, dell’umidità ambientale generale e di microhabitat e dell’acqua di stabulazione per gli animali acquatici e palustri.
In linea generale i rettili terrestri sono uricotelici, eliminano prevalentemente acido urico, praticamente insolubile, per conservare l’acqua a livello di tubuli renali; quelli acquatici possono eliminare urea ed in alcuni casi ammoniaca come scorie azotate perché possono permettersi di diluirli in acqua; molti rettili sono in grado di eliminare varie combinazioni di scorie azotate a seconda della specie e di fattori ambientali.
Tutti i rettili subiscono minime ma continue perdite idriche attraverso la pelle e la respirazione; tali perdite possono essere controllate mediante l’utilizzo di microhabitat ad umidità maggiore rispetto all’habitat generale, questo comportamento prende il nome di idroregolazione.
La possibilità di utilizzare questi microhabitat (rifugi umidi, gradienti di umidità verticali ed orizzontali nel substrato, oasi di umidità ecc.), sembra abbia una notevole importanza per la salute a lungo termine e per la prevenzione di patologie degenerative renali cronica.
I rettili acquatici e palustri eliminano le feci e le scorie azotate nell’acqua ed il loro accumulo comporta alti rischi sanitari. I cambi periodici totali dell’acqua di stabulazione possono essere praticabili solo in strutture estremamente semplici e di piccolo volume, ma in ogni caso non sono consigliabili perché non permettono un adeguato equilibrio del microbioma acquatico e sembra che paradossalmente possano essere potenziale causa di selezione di microorganismi patogeni. L’acqua di stabulazione dovrebbe sempre essere adeguatamente filtrata con filtri meccanico-biologici adeguati alla struttura ed al volume d’acqua e cambiata parzialmente ad intervalli regolari sifonando il fondo.
A seconda del volume della raccolta d’acqua e dell’animale possono essere usati filtri ad immersione e a zainetto, in particolare per raccolte di volumi piccoli e moderati e filtri a canestro e sump per volumi maggiori.
Se la raccolta d’acqua è poco profonda i filtri ad immersione devono essere quelli specifici per pescaggio in acqua bassa.
La capacità filtrante deve essere sovrastimata rispetto a quella consigliata per un uguale volume d’acqua per acquari da pesci di due o tre volte.
L’acqua deve comunque essere cambiata parzialmente possibilmente mediante sifonatura dal fondo indicativamente mensilmente da 70 a 90 % del volume o settimanalmente da 20 a 50 % del volume, sebbene i volumi da cambiare possano essere adeguati alla necessità ed ai valori dell’acqua, che variano molto a seconda della specie allevata e alla tipologia di allevamento; sicuramente la situazione è molto diversa se viene allevato un piccolo serpente o sauro semiacquatico o palustre in un paludario bioattivo, rispetto all’allevamento in paludario semplificato di una tartaruga di discrete dimensioni.
Nelle strutture bioattive, in cui si cerca di favorire la crescita anche nell’acqua organismi in grado di processare la sostanza organica, gli ingressi dei sistemi di aspirazione dell’acqua dei filtri devono essere muniti di filtri adatti ad impedire l’aspirazione degli organismi (reti, spugne ecc).
Molti rettili terrestri in vivario eliminano le feci nelle raccolte d’acqua a disposizione, come ciotole o contenitori più ampi; nel caso delle ciotole l’acqua va cambiata ogni volta che viene sporcata ed i contenitori vanno periodicamente disinfettati, nel caso vi siano raccolte d’acqua fisse, l’acqua deve essere filtrata e gestita come per i paludari ed acquari.

 

Adattamento all’ambiente controllato

Molti animali possono in una certa misura adattarsi all’ambiente in cui vivono per aumentare le proprie possibilità di sopravvivenza, questa capacità adattativa è limitata all'interno di un intervallo adattativo che per ciascun animale è determinato dall’ecosistema in cui è evoluto; inoltre è condizionata dalla plasticità adattativa che può definirsi come la maggiore o minore facilità che la specie ha di adattarsi alle variazioni ambientali all’interno dell’intervallo adattativo.
Gli animali mantenuti in cattività devono essere allevati in condizioni ambientali tali da rientrare nell’intervallo adattativo (luce, temperatura, umidità, densità di popolazione ecc); la plasticità adattativa di ciascun animale è in parte determinata dalle caratteristiche anatomo-fisiologiche ed in parte dalla cosiddetta intelligenza adattativa, cioè la capacità di modificare il comportamento per adattarsi all’ambiente.
Un animale con buone capacità adattative introdotto in un vivario, dopo una fase iniziale in cui si nasconderà alla vista, comincerà ad esplorare l’ambiente a sua disposizione e modificherà il suo comportamento per adattarsi ad esso; se l’ambiente è monotono e privo di stimoli, le sue possibilità di azione saranno ovviamente limitate, se invece l’ambiente è vario e ricco di stimoli si adatterà e svilupperà le proprie capacità di variare il proprio comportamento ad un più ampio intervallo di condizioni.
Un vivario naturalistico deve essere progettato in modo tale da simulare l’habitat naturale, ma può essere pensato anche per indurre l’animale a comportarsi in modo tale da essere maggiormente visibile e ad esplicare il più ampio possibile repertorio comportamentale, sempre considerando i limiti adattativi di ciascuna specie.
In un terrario semplificato un animale non ha nessuna possibilità di scelta; se le modalità di allevamento, i parametri di allevamento ed il design del terrario sono corretti, in genere non ha difficoltà ad adattarsi all’ambiente, se però tali condizioni non sono corrette possono verificarsi effetti negativi sulla salute dell’animale; alcune specie hanno maggiore plasticità adattativa rispetto ad altre e riescono ad adattarsi anche a condizioni subottimali, altre invece sono meno tolleranti e gli errori gestionali possono avere conseguenze disastrose.
In un sistema naturalistico ben progettato per la specie, i soggetti ospitati hanno diverse possibilità di sfruttare la propria intelligenza adattativa e questo è particolarmente importante per le specie meno plastiche.
Data la natura secretiva di molte specie allevate, i soggetti allevati in un vivario naturalistico, potrebbero  rimanere nascosti e rendersi poco o nulla visibili; sfruttando e tenendo conto dei limiti della capacità adattativa ed il design del vivario, il comportamento può essere modificato in modo che gli animali si rendano maggiormente visibili; per fare un esempio molte specie di serpenti sono in grado di sfruttare per la termoregolazione tutte le modalità di assorbimento del calore (convezione, conduzione e irraggiamento), se il calore viene fornito su un punto di basking in determinati orari, posizionato in modo strategico e con opportuni accorgimenti a seconda della specie, gli animali si adatteranno facilmente a sfruttare questa fonte di calore rendendosi visibili e esibendo un corretto comportamento circadiano di termoregolazione. Bisogna sempre però tenere attentamente conto dell’intervallo adattativo della singola specie e non pretendere che i soggetti vadano oltre a questo intervallo; per esempio non dovranno essere fatte modifiche tali che una specie lucifuga (come un notturno stretto od un fossorio) sia costretto ad andare sotto ad una lampada a luce intensa per termoregolarsi.
In pratica quindi un animale può adattarsi in certa misura, variabile a seconda della specie, ad una serie di condizioni dell’habitat artificiale, ma chi li alleva deve adattare il vivario ai limiti adattativi della specie allevata, prestando attenzione al benessere animale, alla qualità di vita ed all’osservazione dei pattern comportamentali.

 

Comportamento

Ci sono sempre più evidenze scientifiche che le capacità cognitive dei rettili debbano essere ampiamente rivalutate, è quindi  molto importante adottare tutte le pratiche atte a stimolare queste capacità e a permettere agli animali di estrinsecare al meglio il proprio repertorio comportamentale.
La valutazione del comportamento dei rettili in ambiente controllato rappresenta inoltre, un importantissimo capitolo della loro gestione poiché questo è intimamente associato ed influenzato dalla loro fisiologia che a sua volta incide sul comportamento; va considerato in funzione dell’etogramma naturale, delle variazioni patologiche e di quelle adattative.
Oltre ai comportamenti che riguardano i fattori ambientali come la termoregolazione, il fototropismo e l’idroregolazione bisogna tenere conto anche di quelli che coinvolgono i fattori biologici, compreso l’uomo.
Le variazioni comportamentali possono dare importanti informazioni sulle criticità gestionali e sui potenziali problemi sanitari e possiamo inquadrarle a grandi linee, in tre categorie: ormonali/stagionali, acquisite e patologiche o para-fisiologiche o comunque di importanza medica.


Variazioni comportamentali stagionali/ormonali

Sono rappresentate dalle normali modifiche comportamentali che si ripresentano ogni anno associate ai cambiamenti stagionali e al comportamento riproduttivo. Esempi sono in molte specie l’anoressia nei maschi prima dell’accoppiamento e nelle femmine gestanti o l’anoressia pre-muta, la permanenza in rifugio spesso nella zona fredda accompagnata d diminuzione di appetite in rettili che risentono della necessità di brumare ecc.


Variazioni comportamentali acquisite

Sono comportamenti che si ripetono perchè danno un vantaggio; sono comportamenti che dipendono dalla plasticità ed intelligenza adattativa dei vari animali, e alcuni possono essere utilizzati per il training e per progettare gli ambienti in modo che gli animali siano visibili pur mantenendoli in condizioni ambientali adatte, oppure per stimolare le capacità cognitive di questi animali. Esempi sono  l’approcciarsi all’umano per ottenere cibo e accettare il cibo dalle mani (in alcuni casi questo può rappresentare un pericolo perchè il rettile può reagire istintivamente attaccando per predare al minimo approccio), l’abituarsi a fonti o presentazioni di cibo diverse da quelle che avrebbero in natura, l’utilizzo di varie tipologie e posizione dei sistemi di riscaldamento ecc.


Variazioni di importanza medica

Sono molti i comportamenti che possono rappresentare un campanello d’allarme per patologie o potenziali problemi medici, alcuni validi per tutte le specie altri significativi a seconda della singola specie. Tra quelli più comuni l’eccessivo vagare e anoressia, che può essere normale in una femmina in procinto di deporre, ma deve rappresentare un campanello d’allarme se la deposizione ritarda o se la gestione non è appropriata per la deposizione o se si verifica in un animale non in stato riproduttivo. L’inattività accompagnata da anoressia va sempre valutata escludendo le condizioni in cui è normale o prevedibile, come durante la muta e l’ibernazione e l’estivazione nei rettili di climi temperati o comunque provenienti da aree geografiche soggette a variazioni stagionali.
Anche le patologie parassitarie sono una frequente causa di variazioni comportamentali. Animali infestati da acari o zecche possono rimanere eccesivamente nel contenitore dell’acqua o essere particolarmente apatici o “docili”. Specie diurne possono cambiare bioritmo e diventare maggiormente diurne in corso di coccidiosi.
Termoregolazione eccessiva all’estremità più calda del range può indicare “febbre comportamentale”, cioè la necessità di aumentare la temperature corporea per combattere un infezione e aumentare la competenza immunitaria. Al contrario la permanenza in corrispondenza dell’estremità fredda può indicare un problema metabolico.

 

Alimentazione

Oltre ai fattori ambientali, la corretta nutrizione svolge un ruolo essenziale per la salute generale ed il successo riproduttivo nei rettili; vitale è sia l’aspetto quantitativo che qualitativo, per quest’ultimo oltre alle proteine, grassi e carboidrati giocano un ruolo importantissimo anche le componenti indigeribili e i macro-oligo-microelementi come vitamine e minerali che spesso sono carenti nella dieta dei rettili in ambiente controllato. Il metodo di allevamento può avere un ruolo determinante anche sulla disponibilità di determinati elementi nutritivi, ad esempio la gestione in ambiente bioattivo (vivario bioattivo o mantenimento all’esterno) può fornire tutta una serie di integrazioni alimentari che il mantenimento in terrari semplificati non mette a disposizione.
 

Medicina preventiva

Le misure di medicina preventiva assumono un ruolo essenziale nell’allevamento dei rettili, soprattutto quando vengono allevati diversi esemplari della stessa specie o di specie diverse, ma anche quando vengono accuditi uno o pochi soggetti; in questo caso sono molto importanti la quarantena, le misure igieniche di base, le visite mediche di routine, i test preventivi (parassitologici e virologici).
 

Info Contatti

Alessandro Bellese Dr Med Vet
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30126 - Lido di Venezia
Venezia - Italia
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Tel: 339 4359539
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